Le opzioni
a cura di Natale Lanza |
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(appunti pubblicati nel mese di aprile 1998 nel Newsgroup it.economia.borsa)
Avevo promesso di scrivere qualcosa sulle opzioni (call e put). Per fare in
modo che chi non ne sa nulla alla fine ne sappia qualcosa non posso
certamente limitarmi alla definizione dei termini ma devo toccare anche altri
aspetti quali finalità, convenienza, modalità di negoziazione, esercizio,
elementi che incidono sul valore dell'opzione, cenni sull'esistenza di
posizioni composte (giusto per far sapere che esistono); e, soprattutto, aspetti
operativi: le cose più semplici sembrano complicatissime se non si sa come
fare e a chi rivolgersi.
COSA SONO LE OPZIONI: Consistono nel diritto di acquistare (call) o
vendere (put) entro (opzioni all'americana su azioni) o a (opzioni all'europea
sull'indice) una determinata scadenza una quantità prefissata di titoli o
l'indice a un prezzo prefissato.
Nell'ultima pagina del Sole 24 Ore c'è il riquadro "Mercato delle opzioni di
Borsa".
Vedete che è indicato il MIBO (Mib30), nonché 16 azioni (quelle per le
quali esiste il mercato delle opzioni). Accanto a ognuno sono indicati i
diversi elementi distintivi citati sopra nella definizione.
C sta per call e P sta per put. Mese di scadenza (si intende SEMPRE il terzo
venerdì del mese). Base o strike è il prezzo prefissato. Prezzo: non è altro
che la "quotazione" dell'opzione, cioè il costo di acquisto o di vendita: in
effetti non è proprio così sia perché tale quotazione ha avuto dei valori
oscillanti durante la giornata (né più né meno che come le azioni) e sia
perché esiste un sensibile divario tra denaro (cioè prezzo che si è disposti a
pagare per acquistare l'opzione) e lettera (cioè prezzo al quale si è disposti a
venderla); ma di questo parleremo.
Ci sono ancora 2 colonne: volume, cioè numero delle opzioni negoziate
durante il giorno e open interest, cioè numero dei contratti in piedi per
ciascuna opzione.
La quantità predefinita per ciascun contratto è di 10.000 unità se si parla di
indice. Per la azioni, invece, è indicata in fondo al riquadro che stiamo
esaminando.
Vediamo così che acquistare una call Fiat strike 7500 scadenza aprile
significherebbe acquistare il diritto a ritirare 5.000 Fiat entro il 17 aprile
(apertura del 17 aprile) al prezzo di 7.500 lire qualunque sia la quotazione
corrente del titolo (anche un miliardo). Questo diritto che, come si vedrà in
seguito, può assumere la funzione di "scommessa" o di "protezione", ha un
costo unitario che per l'esempio, fatte salve le riserve viste prima in relazione
al costo dell'opzione, è di lit 345 (lo si vede consultando le varie opzioni
Fiat); quindi, poiché il lotto prefissato è di 5.000, il costo della suindicata
call Fiat sarebbe di lit 1.725.000 (5.000 x 345) oltre alle commissioni.
Abbiamo detto che l'opzione conferisce il diritto ad acquistare o vendere.
Quindi solo il diritto, ma nessun obbligo.
Chi acquista l'opzione è colui che può esercitare tale diritto; il venditore
dell'opzione (solitamente non è il privato) deve solo subire.
In compenso, chi acquista l'opzione ha un costo FISSO SICURO che è il
prezzo che paga per l'opzione e un guadagno incerto ma teoricamente
infinito, nel caso delle call, limitato (si fa per dire) al valore della base
(strike) nel caso delle put (nell'ipotesi cioè che il valore dell'azione scenda
fino a 1 lira).
Comprata, infatti, la famosa call FIAT, se il titolo sale a 10.000 lire entro la
scadenza, ritiro i titoli (mi rivolgo all'intermediario perché eserciti il mio
diritto) pagandoli 7.500 e li rivendo a 10.000 (a meno che non sono pazzo e
voglio tenermeli per farci un bel quadro). Guadagno: 5000 azioni per lit
2.500 costituito dal differenziale su ogni titolo meno 1.725.000 costo
dell'opzione; poi c'è tutto il sistema delle commissioni...vedremo.
Se avessimo acquistato una PUT a 7500, invece, e il titolo dovesse scendere,
mettiamo, a 7.000 lire o a 1 lira, allora comprerei sul mercato 5.000 FIAT
a 7.000 lire o a 1 lira ed eserciterei il diritto consegnandole a 7.500 lire.
Ci possono essere quotazioni meno estreme ed allora bisogna farsi un po' i
conti.
L'esercizio del diritto, però, è un fatto abbastanza raro.
Il prezzo dell'opzione, e anche di questo parleremo, incorpora taluni
elementi uno dei quali è il prezzo del titolo sottostante.
Perciò, se la quotazione della Fiat aumenta, anche il valore della nostra call
aumenta, così come aumenta (aumenta non diminuisce) il valore della put se
la quotazione del titolo diminuisce (diminuisce non aumenta). In tal caso si
ha solitamente un guadagno maggiore (se non altro per il gioco delle
commissioni ma anche per altri fattori e per la gestibilità dell'operazione che
mi permette di fare prezzo su un'opzione molto ma molto più facilmente che
sul titolo) rivendendo l'opzione anziché esercitando il diritto.
Recentemente, mi è successo di DOVERE esercitare il diritto in occasione
del crollo di ottobre 1997 in quanto avevo delle put sulle Comit che non mi
è riuscito di rivendere perché avevano un valore elevatissimo e nessuno le
voleva, mentre mi è riuscito di rivendere altre put. Dopo le feste natalizie
1997 ho DOVUTO esercitare delle call su INA e EDISON per lo stesso
motivo, mentre mi è riuscito di rivendere altre call.
Chi e perché opera con le opzioni? Dipende, facciamo qualche esempio.
Le opzioni intanto possono assumere la funzione di protezione di portafoglio
(e questo, di solito, non avviene per il privato).
Chi ha un portafoglio titoli e teme un ribasso ma non vuole o non può
disfarsi dei titoli, può comprare delle put sulle azioni o sull'indice così che,
se le quotazioni salgono, il costo delle opzioni viene compensato
(parzialmente o totalmente) dal rialzo; se invece le quotazioni scendono, le
perdite su titoli vengono compensate, parzialmente o totalmente
dall'apprezzamento delle put.
Ci può essere poi, e questo potrebbe essere il momento adatto per alcuni di
noi, il tentativo di cavalcare un improbabile ma possibile ulteriore rialzo.
Mettiamo che, negli ultimi tempi, abbia guadagnato 5 milioni sulle Fiat.
Adesso, però, preso dalla paura dello storno che non arriva, non so più che
fare.
POTREI: vendere le Fiat, monetizzare il guadagno, e mettere un paio di
milioni su una call (equivalente come ormai sappiamo a 5000 Fiat).
Se le Fiat scendono, perdo la call ma mi saranno sempre rimasti 3 milioni di
guadagno. Se salgono, resto a cavallo del rialzo. In ogni caso resto sempre in
gioco senza particolari ansie perché so che parteciperò pienamente
all'eventuale ulteriore rialzo mentre, anche se il mercato dovesse crollare,
perderei solo 2 milioni del precedente guadagno.
Infine, ci può essere lo speculatore che opera essenzialmente sulle opzioni
che, se è vero che rappresentano un costo fisso (un po' come un premio di
assicurazione che si paga comunque), presentano il duplice vantaggio di:
- stabilire a priori la perdita massima possibile;
- gestire con maggiore elasticità notevoli quantità di titoli traendo benefici
anche da variazioni di pochissimi punti percentuali.
Sto parlando, naturalmente, di chi acquista opzioni e non di chi le vende (chi
vende opzioni è quello che si assume il rischio illimitato previo incasso certo
del premio e, solitamente, non è il privato).
Veniamo ora a parlare del prezzo che si paga per l'acquisto di una opzione.
Per ogni tipo di opzione (cioè Call/Put, strike, scadenza e titolo) vengono
quotati due prezzi: denaro, cioè il prezzo proposto dai compratori per
l'acquisto dell'opzione, e lettera, cioè il prezzo richiesto dai venditori.
Tra i due prezzi c'è uno spread (una differenza) che è tanto più ampio
quanto maggiore è la volatilità del titolo sottostante.
Naturalmente il denaro è inferiore alla lettera perché i compratori tendono a
pagare meno di quanto vogliono incassare i venditori.
Questo spread, che può essere anche consistente, rappresenta una perdita già
in partenza; se, infatti, compriamo una opzione accettando il prezzo richiesto
dai venditori (più alto) e la rivendiamo nello stesso istante aderendo al
prezzo offerto dai compratori (più basso) andiamo incontro a una perdita
secca pari allo spread oltre alle commissioni di acquisto e di vendita.
Se interessati ad acquistare, quindi, può essere accettabile aderire al prezzo
richiesto dai venditori se il divario denaro lettera non è molto ampio e se
siamo fortemente convinti che l'azione sottostante andrà nella direzione
auspicata. Ci si può naturalmente mettere in mezzo ai due prezzi, in
qualsiasi posizione, con un nostro denaro (se acquirenti) proponendo un
prezzo un po' più alto di quello del momento o con una nostra lettera (se
venditori) un po' più bassa di quella corrente. Il nostro diventa così il miglior
denaro o la miglior lettera e si pone in testa a tutte le altre domande o offerte
del momento. Agli aspetti pratici penserà l'intermediario il quale provvederà
a aderire al prezzo di mercato o a immettere nel sistema la nostra proposta.
Nel primo caso l'eseguito ci verrà dato istantaneamente, nel secondo
occorrerà attendere che qualcuno accetti la nostra proposta.
Si può anche, volendo, proporre un denaro più basso di quello corrente o
una lettera più alta di quella corrente sperando che le oscillazioni del titolo,
nel corso della giornata, rendano congrua la nostra proposta. E' evidente che,
in tal caso, saranno prima soddisfatte le richieste più convenienti della
nostra.
Con un po' di pratica e molta ragionevolezza, il gioco diventa molto
semplice soprattutto se siamo attrezzati con un programma che determina
per noi il valore equo delle opzioni (personalmente uso optionscope di
metastock). Naturalmente, questo valore equo non è un valore certo e
immutabile ma costituisce un prezioso strumento di confronto con le
quotazioni di mercato.
Tornando al nostro esempio iniziale, al momento dell'acquisto di una call
Fiat ci saremmo sentiti dire (è solo un'ipotesi) che il denaro era 310 e la
lettera 370. Avremmo potuto quindi dire al nostro intermediario:
proponiamo noi lit ...", mettendoci così in qualsiasi posizione di nostro
gradimento tra 310 e 370.
PER I PIU' TIMIDI: questo si può fare anche operando con una sola
opzione; non bisogna pensare che ciò sia consentito solo a chi opera
all'ingrosso.
Come dobbiamo comportarci una volta acquistata un'opzione?
L'atteggiamento da tenere è sicuramente diverso da quello adottato di fronte
al possesso di una azione in quanto è completamente diversa la dinamica
della variazione della quotazione.
Intanto sappiamo che c'è una perdita iniziale da recuperare, costituita da un
sensibile divario denaro/lettera, molto più ampio di quello riscontrabile sulle
azioni.
A questo vanno aggiunte le commissioni.
Se l'opzione è sull'indice, le commissioni incidono in misura fissa (tra 50000
e 100000 a contratto oltre alle spese postali); moltiplicato 2, naturalmente,
per l'entrata e l'uscita dall'operazione.
Per le opzioni su azioni, invece, le commissioni variano "normalmente" (non
escludo situazioni diverse) tra il 2 per mille e il 3,50 per mille (dipende dalla
forza contrattuale con l'intermediario) in acquisto e altrettanto in vendita.
Tali commissioni, però, ATTENZIONE, non vanno calcolate sul valore
dell'opzione bensì sul valore del sottostante: nel caso, quindi, della nostra
call Fiat, le citate commissioni non vanno calcolate sul valore della call ma
sul valore di 5000 Fiat valutate al prezzo dello strike.
Quanto detto vale sia al momento dell'acquisto che al momento della vendita
dell'opzione. Se però esercitiamo il nostro diritto, per il ritiro azioni se call o
la consegna azioni se put, non si pagano ulteriori commissioni; si pagano
invece, nella misura normalmente praticataci per la compravendita di azioni,
quelle dell'operazione di contropartita effettuata sul mercato con la vendita
(se call) o l'acquisto (se put) dei titoli. Mi spiego meglio: acquisto la call Fiat
e pago diciamo il 3 per mille su 37.500.000 (5000 azioni per lit 7500: se
non sbaglio, non fatemi tornare a guardare, lo strike del nostro esempio era
7500, comunque è ad esso che bisogna fare riferimento); se rivendo la call
pago nuovamente la stessa commissione; se, invece, esercito il diritto, ritiro
le azioni pagandole allo strike della call (senza ulteriori commissioni salvo
le postali) e rivendo i titoli sul mercato al prezzo corrente con le
commissioni normalmente praticate nella compravendita di titoli.
L'esercizio del diritto, avrei già dovuto dirlo, non esiste per le opzioni
sull'indice: cosa potrei ritirare o consegnare? Quindi le opzioni sull'indice
possono solo essere negoziate fino alla scadenza, altrimenti, alla scadenza,
viene liquidata, se a nostro favore, la differenza tra lo strike e il valore di
apertura del Mib30 del terzo venerdì del mese.
Se si acquista un'azione Fiat a lit 7.000 (tempi che furono) e la quotazione
non cambia nei giorni successivi, la nostra azione varrà sempre lit 7.000.
Non è così per le opzioni.
Se infatti si acquista una call Fiat strike 7800 quando il titolo vale 7700
oppure una put Fiat strike 7600 quando il titolo vale 7700 (si dice che le
opzioni sono out of the money perché lo strike non è stato ancora superato) e
la quotazione del titolo non varia più fino alla scadenza, a tale scadenza il
valore dell'opzione si sarà azzerato. Potremmo mai ritirare le Fiat pagandole
7800 (call) per rivenderle sul mercato a 7700 (quotazione ipotizzata
dell'azione fino alla scadenza)? Oppure, nel caso della put, potremmo mai
acquistare sul mercato azioni a 7700 per consegnarle a 7600?
Ma anche se acquistassimo una call strike 7700 quando il titolo vale 7705 o
una put strike 7700 quando il titolo vale 7695 (si dice che le opzioni sono in
the money perché lo strike è stato superato), se la quotazione non varia fino
alla scadenza, il valore finale dell'opzione sarà di sole 5 lire ad azione
qualunque sia stato il costo.
E' evidente, quindi, che c'è un fattore che tende a "remare" contro: tale
fattore è il tempo; col trascorrere del tempo il valore dell'opzione si svaluta
sino ad azzerarsi. In fondo, l'opzione è solo una scommessa ed è ovvio che il
valore di tale scommessa vada riducendosi man mano che l'evento incerto si
delinea con maggiore chiarezza. Allora? Allora bisogna sperare che la
quotazione dell'azione sottostante vari nella direzione auspicata (rialzo se
call, ribasso se put) in misura tale da neutralizzare il "nemico" tempo.
Un altro fattore che incide sul valore dell'opzione è la volatilità del titolo
sottostante: maggiore la volatilità maggiore il vantaggio per il possessore
dell'opzione.
Quindi, "durante la vita" di un'opzione sia in the money che out of the
money (per quest'ultima non è condizione indispensabile, prima della
scadenza, che venga superato lo strike price per conseguire un profitto), se
la quotazione dell'azione sottostante va nella direzione auspicata e la
volatilità gioca a nostro favore, il fattore tempo viene neutralizzato e la
quotazione dell'opzione aumenta.
"Alla scadenza", invece, ciò che conta è solo ed esclusivamente la differenza
tra la quotazione corrente dell'azione e lo strike.
Quindi, se alla scadenza ci facciamo "beccare" con l'opzione ancora in
mano, quand'anche lo strike sia stato superato, non è automatico che per noi
ci sia un profitto. Infatti, la differenza tra quotazione corrente dell'azione e
strike va decurtata del costo inizialmente sostenuto per l'acquisto
dell'opzione.
Riepilogando, i fattori principali (ma ce ne sono altri quali tasso d'interesse
corrente e stacco cedole) che incidono sulla quotazione dell'opzione sono:
valore del titolo sottostante, distanza della quotazione corrente dallo strike (è
più probabile che venga raggiunto uno strike vicino piuttosto che uno
lontano), tempo e volatilità.
Esistono dei coefficienti (delta, theta, gamma e vega) che esprimono il grado
di variabilità di una opzione ma, per operare sporadicamente, non è
necessario conoscerli. La loro conoscenza invece, da approfondire solo su un
buon testo, è necessaria per chi vuole operare con sistematicità.
In linea di massima, ad essere favorito è il venditore di opzioni (che ha
sempre dalla sua il fattore tempo) piuttosto che il compratore. Il venditore di
opzioni, però, assume un rischio illimitato che non è altro che l'aspettativa di
guadagno illimitata che ha l'acquirente di una call o l'enorme aspettativa di
guadagno (anche se non illimitata) che ha l'acquirente di una put.
Diciamo che una perdita incontrollata di un venditore di opzioni gli può
vanificare tutta una serie di incassi di premi precedenti.
Il compratore, invece, ha sempre la possibilità, ammesso che sbagli spesso,
di compensare una serie di perdite limitate con un solo guadagno enorme.
Anzitutto una buona notizia: il peggio è passato; da questo momento in poi
la strada è in discesa.
Ometto, naturalmente, di parlare compiutamente delle operazioni più
complesse in quanto queste "lezioni" sono indirizzate ai principianti della
materia che sarebbe inopportuno riempire di nozioni su operazioni
complesse; prima devono sperimentare le posizioni più semplici e poi,
semmai, approfondire su un buon testo.
Quindi, solo un cenno sintetico:
- esiste anche la possibilità di vendere opzioni, intendendo non la rivendita di
opzioni precedentemente acquistate, ma una vendita originaria. La posizione
del venditore è molto diversa da quella del compratore. Il venditore, infatti,
previo incasso di un premio, si espone a quelle stesse variazioni del titolo
delle quali spera di beneficiare il compratore. In compenso, il venditore ha
dalla sua il fattore tempo. Per limitare i suoi rischi, egli può seguire una
serie di strategie che, a mio avviso, non si addicono al privato investitore. In
ogni caso, non ci si può improvvisare venditori di opzioni se prima non se ne
conosce perfettamente la dinamica;
- esiste la possibilità di combinare strategie di tipo diverso: es. acquisto di
call e put contemporaneamente (si sa in partenza che una si perderà ma, in
un mercato fortemente volatile, si spera in un più che ampio guadagno
sull'altra; oppure si tenta di gestire i rimbalzi); vendita di una call a scadenza
corta coperta da un acquisto di una call dello stesso tipo a scadenza più
lunga (per sfruttare il deterioramento dovuto al fattore tempo che si
manifesta in modo più accentuato nelle scadenze più vicine); ecc. ecc. ecc.
I venditori di opzioni tentano, al contrario dei compratori, di assicurarsi un
reddito costante costituito dall'incasso dei premi.
Il rischio è che una sola operazione negativa è capace di vanificare tutta una
serie di profitti precedenti. Si pensi a chi aveva venduto opzioni put prima
del crollo di ottobre 1997. Si è visto consegnare dei titoli che ha dovuto pagare a
dei prezzi che, nello spazio di poche ore, costituivano ormai storia.
Le operazioni composte, invece, tendono essenzialmente a limitare le
perdite, ma così facendo limitano anche i guadagni. Peraltro, fanno crescere
i costi a dismisura (commissioni e spread denaro/lettera). Per quanto possa
essere conveniente talvolta metterle in piedi, in linea di principio le incognite
e i costi notevolmente maggiori che nelle opzioni semplici le rendono più
opportune per i professionisti e non per i privati.
Ed ora, le due domande che assillano coloro che cominciano a operare con le
opzioni.
Anzitutto, a chi rivolgersi? Banca o Sim?
Operare con i derivati (fra i quali, appunto, le opzioni) presso le Banche è
abbastanza difficile. Intanto, di norma e per quanto ne so, le banche non
possiedono una struttura organizzativa tale da operare con la snellezza e la
velocità richieste da un mercato fortemente dinamico quale è quello delle
opzioni.
Ma riuscite a immaginare una fila di un quarto d'ora (se vi va bene) in attesa
del vostro turno, per un'opzione sull'indice, mentre l'impiegato è impegnato
con una vecchietta che vuole sottoscrivere 10 milioni di BOT? E intanto
l'indice cambia, cambia, cambia... Eppure quella vecchietta ha lo stesso
diritto vostro.
Forse potete telefonare! Ma l'impiegato vi prega di attendere un attimino
perché è impegnato con un altro cliente. Allora, siccome l'attimo si
prolunga, prendete la metropolitana, andate presso l' impiegato ancora
impegnato col cliente, la cornetta ancora sulla scrivania...
E poi, ammesso che facciate l'operazione, dopo quanto tempo le banche sono
in grado di darvi l'eseguito? E se, in attesa, l' indice o il titolo cambia
quotazione, è fondamentale la possibilità di cambiare il limite fissato per
l'acquisto dell'opzione altrimenti rischiate di strapagarla con la conseguenza
che tale eccesso si andrebbe a sommare alle perdite già preventivate (spread
e commissioni); ma se vivete nell'incertezza per non avere ancora avuto
l'eseguito come fate? Inoltre, si sa, le banche non sono solitamente ben
disposte nei confronti di chi vuole cambiare il prezzo dell'ordine. E se,
infine, voleste sfruttare un attimo che ritenete di particolare convenienza?
Ce l'ho con le banche? Niente affatto, ma non credo che abbiano la struttura
organizzativa e la mentalità necessaria per consentire di operare con
efficienza sui derivati.
Non restano che le SIM, di solito più efficienti in questo particolare settore.
Altra questione: quanto bisogna versare?
Chiariamo subito e categoricamente, visto che qualche volta si sente dire il
contrario, che non occorre versare alcun margine (qualcosa come la
cauzione) per acquistare le opzioni. Se ne paga il prezzo e la partita è
chiusa. Il rischio massimo, per l'acquirente, è la perdita del premio, perciò
una volta pagato quello non c'è motivo di versare ulteriori margini.
Le banche, spesso, rifiutano l'operazione. Non potrebbero. L'acquisto di
opzioni non è una operazione creditizia, quindi discrezionale, ma un servizio
remunerato con una commissione. E' come se entraste alle poste e
l'impiegato si rifiutasse di inoltrare la vostra raccomandata. Semplicemente
non può farlo.
Certo, mettersi a litigare con una banca mal disposta nei vostri confronti
creerebbe in seguito qualche problema...
E torniamo alle SIM. E qui mi fermo perché ogni SIM ha le sue regole
sull'entità del conto iniziale da aprire: entità del conto, ripeto, e non margini.
Se però chiarite bene che intendete SOLO acquistare opzioni, può darsi che
non richiedano somme eccessive per il versamento iniziale.
Uno dei miei fratelli, l'altra sera, mi ha chiesto di acquistare un'opzione per
suo conto. La spiegazione del perché si rivolgeva a me era molto semplice:
sapeva, in teoria, di cosa stava parlando ma non sapeva come fare e cosa
chiedere.
Poiché credo che il "problema" sia piuttosto ricorrente, simuliamo un paio di
telefonate.
IO: Vorrei acquistare una call Fiat per aprile; sono un po' indeciso sulla
base, può darmi qualche quotazione sulle basi più vicine?
SIM: 7500, denaro 280, lettera 330; 7600, denaro 240, lettera 300,...
IO: Si, prenderei la 7600, ma 300 lire mi sembra un po' caro; miglioriamo
un po' il denaro (alziamo, cioè, il denaro corrente), mettiamoci a 260.
SIM: D'accordo.
Oppure
IO: Vorrei acquistare una put sull'indice per aprile con base lontana,
diciamo 32.000 o 32.500, può darmi le quotazioni?
Dopo un po' la SIM chiama e dà l'eseguito.
Se passa del tempo e la Fiat comincia a salire (esempio della prima
telefonata) è probabile che il nostro ordine resterà ineseguito; se intendiamo
comunque effettuare l'acquisto è opportuno che richiamiamo la SIM, ci
facciamo dire le nuove quotazioni dell'opzione e accettiamo la lettera del
momento o modifichiamo il nostro denaro.
Al momento della vendita dell'opzione:
IO: vorrei vendere la mia call strike 7600 scadenza aprile. Può dirmi le
quotazioni?
SIM: 7600 aprile denaro 400, lettera 480.
IO: Beh, vorrei venderla, non svenderla. 400 lire mi sembrano un po' poche,
chiediamo 460 (migliorando così la lettera corrente).
Oppure
IO: OK. La dia per 400.
Semplice no? Cosa vi credevate?
BIBLIOGRAFIA:
1) McMillan - Options as a strategic investment- N.Y. INSTITUTE OF FINANCE
La bibbia delle opzioni: chiaro, semplice, completo.
2) John Hull - Introduzione ai mercati dei futures e delle opzioni - Il Sole 24 Ore libri
Alterna fasi espositive molto chiare a complicate (per chi non ha dimestichezza) formule.
Si legge bene anche se non si seguono le formule.
3) Articoli vari su Stocks & Commodities
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