Le opzioni
a cura di Natale Lanza
(appunti pubblicati nel mese di aprile 1998 nel Newsgroup it.economia.borsa)



Avevo promesso di scrivere qualcosa sulle opzioni (call e put). Per fare in 
modo che chi non ne sa nulla alla fine ne sappia qualcosa non posso 
certamente limitarmi alla definizione dei termini ma devo toccare anche altri 
aspetti quali finalità, convenienza, modalità di negoziazione, esercizio, 
elementi che incidono sul valore dell'opzione, cenni sull'esistenza di 
posizioni composte (giusto per far sapere che esistono); e, soprattutto, aspetti 
operativi: le cose più semplici sembrano complicatissime se non si sa come 
fare e a chi rivolgersi.

COSA SONO LE OPZIONI: Consistono nel diritto di acquistare (call) o 
vendere (put) entro (opzioni all'americana su azioni) o a (opzioni all'europea 
sull'indice) una determinata scadenza una quantità prefissata di titoli o 
l'indice a un prezzo prefissato.

Nell'ultima pagina del Sole 24 Ore c'è il riquadro "Mercato delle opzioni di 
Borsa".
Vedete che è indicato il MIBO (Mib30), nonché 16 azioni (quelle per le 
quali esiste il mercato delle opzioni). Accanto a ognuno sono indicati i 
diversi elementi distintivi citati sopra nella definizione.
C sta per call e P sta per put. Mese di scadenza (si intende SEMPRE il terzo 
venerdì del mese). Base o strike è il prezzo prefissato. Prezzo: non è altro 
che la "quotazione" dell'opzione, cioè il costo di acquisto o di vendita: in 
effetti non è proprio così sia perché tale quotazione ha avuto dei valori 
oscillanti durante la giornata (né più né meno che come le azioni) e sia 
perché esiste un sensibile divario tra denaro (cioè prezzo che si è disposti a 
pagare per acquistare l'opzione) e lettera (cioè prezzo al quale si è disposti a 
venderla); ma di questo parleremo.
Ci sono ancora 2 colonne: volume, cioè numero delle opzioni negoziate 
durante il giorno e open interest, cioè numero dei contratti in piedi per 
ciascuna opzione.

La quantità predefinita per ciascun contratto è di 10.000 unità se si parla di 
indice. Per la azioni, invece, è indicata in fondo al riquadro che stiamo
esaminando.

Vediamo così che acquistare una call Fiat strike 7500 scadenza aprile 
significherebbe acquistare il diritto a ritirare 5.000 Fiat entro il 17 aprile 
(apertura del 17 aprile) al prezzo di 7.500 lire qualunque sia la quotazione 
corrente del titolo (anche un miliardo). Questo diritto che, come si vedrà in 
seguito, può assumere la funzione di "scommessa" o di "protezione", ha un 
costo unitario che per l'esempio, fatte salve le riserve viste prima in relazione 
al costo dell'opzione, è di lit 345 (lo si vede consultando le varie opzioni 
Fiat); quindi, poiché il lotto prefissato è di 5.000, il costo della suindicata 
call Fiat sarebbe di lit 1.725.000 (5.000 x 345) oltre alle commissioni.

Abbiamo detto che l'opzione conferisce il diritto ad acquistare o vendere.
Quindi solo il diritto, ma nessun obbligo.
Chi acquista l'opzione è colui che può esercitare tale diritto; il venditore 
dell'opzione (solitamente non è il privato) deve solo subire.
In compenso, chi acquista l'opzione ha un costo FISSO SICURO che è il 
prezzo che paga per l'opzione e un guadagno incerto ma teoricamente 
infinito, nel caso delle call, limitato (si fa per dire) al valore della base 
(strike) nel caso delle put (nell'ipotesi cioè che il valore dell'azione scenda 
fino a 1 lira).

Comprata, infatti, la famosa call FIAT, se il titolo sale a 10.000 lire entro la 
scadenza, ritiro i titoli (mi rivolgo all'intermediario perché eserciti il mio 
diritto) pagandoli  7.500 e li rivendo a 10.000 (a meno che non sono pazzo e 
voglio tenermeli per farci un bel quadro). Guadagno: 5000 azioni per lit 
2.500 costituito dal differenziale su ogni titolo meno 1.725.000 costo 
dell'opzione; poi c'è tutto il sistema delle commissioni...vedremo.
Se avessimo acquistato una PUT a 7500, invece, e il titolo dovesse scendere, 
mettiamo, a 7.000 lire o a 1 lira, allora comprerei  sul mercato 5.000 FIAT 
a 7.000 lire o a 1 lira ed eserciterei il diritto consegnandole a 7.500 lire.
Ci possono essere quotazioni meno estreme ed allora bisogna farsi un po' i 
conti.
L'esercizio del diritto, però, è un fatto abbastanza raro.
Il prezzo dell'opzione, e anche di questo parleremo, incorpora taluni 
elementi uno dei quali è il prezzo del titolo sottostante.
Perciò, se la quotazione della Fiat aumenta, anche il valore della nostra call 
aumenta, così come aumenta (aumenta non diminuisce) il valore della put se 
la quotazione del titolo diminuisce (diminuisce non aumenta). In tal caso si 
ha solitamente un guadagno maggiore (se non altro per il gioco delle 
commissioni ma anche per altri fattori e per la gestibilità dell'operazione che 
mi permette di fare prezzo su un'opzione molto ma molto più facilmente che 
sul titolo) rivendendo l'opzione anziché esercitando il diritto.


Recentemente, mi è successo di DOVERE esercitare il diritto in occasione 
del crollo di ottobre 1997 in quanto avevo delle put sulle Comit che non mi 
è riuscito di rivendere perché avevano un valore elevatissimo e nessuno le 
voleva, mentre mi è riuscito di rivendere altre put. Dopo le feste natalizie 
1997 ho DOVUTO esercitare delle call su INA e EDISON per lo stesso 
motivo, mentre mi è riuscito di rivendere altre call.

Chi e perché opera con le opzioni? Dipende, facciamo qualche esempio.
Le opzioni intanto possono assumere la funzione di protezione di portafoglio 
(e questo, di solito, non avviene per il privato).
Chi ha un portafoglio titoli e teme un ribasso ma non vuole o non può 
disfarsi dei titoli, può comprare delle put sulle azioni o sull'indice così che, 
se le quotazioni salgono, il costo delle opzioni viene compensato 
(parzialmente o totalmente) dal rialzo; se invece le quotazioni scendono, le 
perdite su titoli vengono compensate, parzialmente o totalmente 
dall'apprezzamento delle put.

Ci può essere poi, e questo potrebbe essere il momento adatto per alcuni di 
noi, il tentativo di cavalcare un improbabile ma possibile ulteriore rialzo.
Mettiamo che, negli ultimi tempi, abbia guadagnato 5 milioni sulle Fiat. 
Adesso, però, preso dalla paura dello storno che non arriva, non so più che 
fare.

POTREI: vendere le Fiat, monetizzare il guadagno, e mettere un paio di 
milioni su una call (equivalente come ormai sappiamo a 5000 Fiat).
Se le Fiat scendono, perdo la call ma mi saranno sempre rimasti 3 milioni di 
guadagno. Se salgono, resto a cavallo del rialzo. In ogni caso resto sempre in 
gioco senza particolari ansie perché so che parteciperò pienamente 
all'eventuale ulteriore rialzo mentre, anche se il mercato dovesse crollare, 
perderei solo 2 milioni del precedente guadagno.
Infine, ci può essere lo speculatore che opera essenzialmente sulle opzioni 
che, se è vero che rappresentano un costo fisso (un po' come un premio di 
assicurazione che si paga comunque), presentano il duplice vantaggio di:
- stabilire a priori la perdita massima possibile; 
- gestire con maggiore elasticità notevoli quantità di titoli traendo benefici 
anche da variazioni di pochissimi punti percentuali.

Sto parlando, naturalmente, di chi acquista opzioni e non di chi le vende (chi 
vende opzioni è quello che si assume il rischio illimitato previo incasso certo 
del premio e, solitamente, non è il privato).

Veniamo ora a parlare del  prezzo che si paga per l'acquisto di una opzione. 
Per ogni tipo di opzione (cioè Call/Put, strike, scadenza e titolo) vengono 
quotati due prezzi: denaro, cioè il prezzo proposto dai compratori per 
l'acquisto dell'opzione, e lettera, cioè il prezzo richiesto dai venditori.

Tra i due prezzi c'è uno spread (una differenza) che è tanto più ampio 
quanto maggiore è la volatilità del titolo sottostante.

Naturalmente il denaro è inferiore alla lettera perché i compratori tendono a 
pagare meno di quanto vogliono incassare i venditori.

Questo spread, che può essere anche consistente, rappresenta una perdita già 
in partenza; se, infatti, compriamo una opzione accettando il prezzo richiesto 
dai venditori (più alto)  e la rivendiamo nello stesso istante aderendo al 
prezzo offerto dai compratori (più basso) andiamo incontro a una perdita 
secca pari allo spread oltre alle commissioni di acquisto e di vendita.
Se interessati ad acquistare, quindi, può essere accettabile aderire al prezzo 
richiesto dai venditori se il divario denaro lettera non è molto ampio e se 
siamo fortemente convinti che l'azione sottostante andrà nella direzione 
auspicata. Ci si può naturalmente mettere in mezzo ai due prezzi, in 
qualsiasi posizione, con un nostro denaro (se acquirenti) proponendo un 
prezzo un po' più alto di quello del momento  o con una nostra lettera (se 
venditori) un po' più bassa di quella corrente. Il nostro diventa così il miglior 
denaro o la miglior lettera e si pone in testa a tutte le altre domande o offerte 
del momento. Agli aspetti pratici penserà l'intermediario il quale provvederà 
a aderire al prezzo di mercato o a immettere nel sistema la nostra proposta.  
Nel primo caso l'eseguito ci verrà dato istantaneamente, nel secondo 
occorrerà attendere che qualcuno accetti la nostra proposta.
Si può anche, volendo, proporre un denaro più basso di quello corrente o 
una lettera più alta di quella corrente sperando che le oscillazioni del titolo, 
nel corso della giornata, rendano congrua la nostra proposta. E' evidente che, 
in tal caso, saranno prima soddisfatte le richieste più convenienti della 
nostra.

Con un po' di pratica e molta ragionevolezza, il gioco diventa molto 
semplice soprattutto se siamo attrezzati con un programma che determina 
per noi il valore equo delle opzioni (personalmente uso optionscope di 
metastock). Naturalmente, questo valore equo non è un valore certo e 
immutabile ma costituisce un prezioso strumento di confronto con le 
quotazioni di mercato.

Tornando al nostro esempio iniziale, al momento dell'acquisto di una call 
Fiat ci saremmo sentiti dire (è solo un'ipotesi) che il denaro era 310 e la 
lettera 370. Avremmo potuto quindi dire al nostro intermediario: 
proponiamo noi lit ...", mettendoci così in qualsiasi posizione di nostro 
gradimento tra 310 e 370.

PER I PIU' TIMIDI: questo si può fare anche operando con una sola 
opzione; non bisogna pensare che ciò sia consentito solo a chi opera 
all'ingrosso.

Come dobbiamo comportarci una volta acquistata un'opzione?
L'atteggiamento da tenere è sicuramente diverso da quello adottato di fronte 
al possesso di una azione in quanto è completamente diversa la dinamica 
della variazione della quotazione.

Intanto sappiamo che c'è una perdita iniziale da recuperare, costituita da un 
sensibile divario denaro/lettera, molto più ampio di quello riscontrabile sulle 
azioni.

A questo vanno aggiunte le commissioni.

Se l'opzione è sull'indice, le commissioni incidono in misura fissa (tra 50000 
e 100000 a contratto oltre alle spese postali); moltiplicato 2, naturalmente, 
per l'entrata e l'uscita dall'operazione.

Per le opzioni su azioni, invece, le commissioni variano "normalmente" (non 
escludo situazioni diverse) tra il 2 per mille e il 3,50 per mille (dipende dalla 
forza contrattuale con l'intermediario) in acquisto e altrettanto in vendita.

Tali commissioni, però, ATTENZIONE, non vanno calcolate sul valore 
dell'opzione bensì sul valore del sottostante: nel caso, quindi, della nostra 
call Fiat, le citate commissioni non vanno calcolate sul valore della call ma 
sul valore di 5000 Fiat valutate al prezzo dello strike.

Quanto detto vale sia al momento dell'acquisto che al momento della vendita 
dell'opzione. Se però esercitiamo il nostro diritto, per il ritiro azioni se call  o 
la consegna azioni se put, non si pagano ulteriori commissioni; si pagano 
invece, nella misura normalmente praticataci per la compravendita di azioni, 
quelle dell'operazione di contropartita effettuata sul mercato con la vendita 
(se call) o l'acquisto (se put) dei titoli. Mi spiego meglio: acquisto la call Fiat 
e pago diciamo il 3 per mille su 37.500.000 (5000 azioni per lit 7500: se 
non sbaglio, non fatemi tornare a guardare, lo strike del nostro esempio era 
7500, comunque è ad esso che bisogna fare riferimento); se rivendo la call 
pago nuovamente la stessa commissione; se, invece, esercito il diritto, ritiro 
le azioni pagandole allo strike della call (senza ulteriori commissioni salvo 
le postali) e rivendo i titoli sul mercato al prezzo corrente con le 
commissioni normalmente praticate nella compravendita di titoli.

L'esercizio del diritto, avrei già dovuto dirlo, non esiste per le opzioni 
sull'indice: cosa potrei ritirare o consegnare? Quindi le opzioni sull'indice 
possono solo essere negoziate fino alla scadenza, altrimenti, alla scadenza, 
viene liquidata, se a nostro favore, la differenza tra lo strike e il valore di 
apertura del Mib30 del terzo venerdì del mese.


Se si acquista un'azione Fiat a lit 7.000 (tempi che furono) e la quotazione 
non cambia nei giorni successivi, la nostra azione varrà sempre lit 7.000.  

Non è così per le opzioni.
Se infatti si acquista una call Fiat strike 7800 quando il titolo vale 7700 
oppure una put Fiat strike 7600 quando il titolo vale 7700 (si dice che le 
opzioni sono out of the money perché lo strike non è stato ancora superato) e 
la quotazione del titolo non varia più fino alla scadenza, a tale scadenza il 
valore dell'opzione si sarà azzerato. Potremmo mai ritirare le Fiat pagandole 
7800 (call) per rivenderle sul mercato a 7700 (quotazione ipotizzata 
dell'azione fino alla scadenza)? Oppure, nel caso della put, potremmo mai 
acquistare sul mercato azioni a 7700 per consegnarle a 7600?

Ma anche se acquistassimo una call strike 7700 quando il titolo vale 7705 o 
una put strike 7700 quando il titolo vale 7695 (si dice che le opzioni sono in 
the money perché lo strike è stato superato), se la quotazione non varia fino 
alla scadenza, il valore finale dell'opzione sarà di sole 5 lire ad azione 
qualunque sia stato il costo.

E' evidente, quindi, che c'è un fattore che tende a "remare" contro: tale 
fattore è il tempo; col trascorrere del tempo il valore dell'opzione si svaluta 
sino ad azzerarsi. In fondo, l'opzione è solo una scommessa ed è ovvio che il 
valore di tale scommessa vada riducendosi man mano che l'evento incerto si 
delinea con maggiore chiarezza. Allora? Allora bisogna sperare che la 
quotazione dell'azione sottostante vari nella direzione auspicata (rialzo se 
call, ribasso se put) in misura tale da neutralizzare il "nemico" tempo.

Un altro fattore che incide sul valore dell'opzione è la volatilità del titolo 
sottostante: maggiore la volatilità maggiore il vantaggio per il possessore 
dell'opzione.

Quindi, "durante la vita" di un'opzione sia in the money che out of the 
money (per quest'ultima non è condizione indispensabile, prima della 
scadenza, che venga superato lo strike price per conseguire un profitto),  se 
la quotazione dell'azione sottostante va nella direzione auspicata e la 
volatilità gioca a nostro favore, il fattore tempo viene neutralizzato e la 
quotazione dell'opzione aumenta.

"Alla scadenza", invece, ciò che conta è solo ed esclusivamente la differenza 
tra la quotazione corrente dell'azione e lo strike.

Quindi, se alla scadenza ci facciamo "beccare" con l'opzione ancora in 
mano, quand'anche lo strike sia stato superato, non è automatico che per noi 
ci sia un profitto. Infatti, la differenza tra quotazione corrente dell'azione e 
strike va decurtata del costo inizialmente sostenuto per l'acquisto 
dell'opzione.

Riepilogando, i fattori principali (ma ce ne sono altri quali tasso d'interesse 
corrente e stacco cedole) che incidono sulla quotazione dell'opzione sono: 
valore del titolo sottostante, distanza della quotazione corrente dallo strike (è 
più probabile che venga raggiunto uno strike vicino piuttosto che uno 
lontano), tempo e volatilità.

Esistono dei coefficienti (delta, theta, gamma e vega) che esprimono il grado 
di variabilità di una opzione ma, per operare sporadicamente, non è 
necessario conoscerli. La loro conoscenza invece, da approfondire solo su un 
buon testo, è necessaria per chi vuole operare con sistematicità.

In linea di massima, ad essere favorito è il venditore di opzioni (che ha 
sempre dalla sua il fattore tempo) piuttosto che il compratore. Il venditore di 
opzioni, però, assume un rischio illimitato che non è altro che l'aspettativa di 
guadagno illimitata che ha l'acquirente di una call o l'enorme aspettativa di 
guadagno (anche se non illimitata) che ha l'acquirente di una put.

Diciamo che una perdita incontrollata di un venditore di opzioni gli può 
vanificare tutta una serie di incassi di premi precedenti.

Il compratore, invece, ha sempre la possibilità, ammesso che sbagli spesso, 
di compensare una serie di perdite limitate con un solo guadagno enorme.

Anzitutto una buona notizia: il peggio è passato; da questo momento in poi 
la strada è in discesa.

Ometto, naturalmente, di parlare compiutamente delle operazioni più 
complesse in quanto  queste "lezioni" sono indirizzate ai principianti della 
materia che sarebbe inopportuno riempire di nozioni su operazioni 
complesse; prima devono sperimentare le posizioni più semplici e poi, 
semmai, approfondire su un buon testo.

Quindi, solo un cenno sintetico:

- esiste anche la possibilità di vendere opzioni, intendendo non la rivendita di 
opzioni precedentemente acquistate, ma una vendita originaria. La posizione 
del venditore è molto diversa da quella del compratore. Il venditore, infatti, 
previo incasso di un premio, si espone a quelle stesse variazioni del titolo 
delle quali spera di beneficiare il compratore. In compenso, il venditore ha 
dalla sua il fattore tempo. Per limitare i suoi rischi, egli  può seguire una 
serie di strategie che, a mio avviso, non si addicono al privato investitore. In 
ogni caso, non ci si può improvvisare venditori di opzioni se prima non se ne 
conosce perfettamente la dinamica;

- esiste la possibilità di combinare strategie di tipo diverso: es. acquisto di 
call e put contemporaneamente (si sa in partenza che una si perderà ma, in 
un mercato fortemente volatile, si spera in un più che ampio guadagno 
sull'altra; oppure si tenta di gestire i rimbalzi); vendita di una call a scadenza 
corta coperta da un acquisto di una call dello stesso tipo a scadenza più 
lunga (per sfruttare il deterioramento dovuto al fattore tempo che si 
manifesta in modo più accentuato nelle scadenze più vicine); ecc. ecc. ecc.

I venditori di opzioni tentano, al contrario dei compratori, di assicurarsi un 
reddito costante costituito dall'incasso dei premi.

Il rischio è che una sola operazione negativa è capace di vanificare tutta una 
serie di profitti precedenti. Si pensi a chi aveva venduto opzioni put prima 
del crollo di ottobre 1997. Si è visto consegnare dei titoli che ha dovuto pagare a 
dei prezzi che, nello spazio di poche ore, costituivano ormai storia.

Le operazioni composte, invece, tendono essenzialmente a limitare le 
perdite, ma così facendo limitano anche i guadagni. Peraltro, fanno crescere 
i costi a dismisura (commissioni e spread denaro/lettera). Per quanto possa 
essere conveniente talvolta metterle in piedi, in linea di principio le incognite 
e i costi notevolmente maggiori che nelle opzioni semplici le rendono più 
opportune per i professionisti e non per i privati.

Ed ora, le due domande che assillano coloro che cominciano a operare con le 
opzioni.

Anzitutto, a chi rivolgersi? Banca o Sim?

Operare con i derivati (fra i quali, appunto, le opzioni) presso le Banche è 
abbastanza difficile. Intanto, di norma e per quanto ne so, le banche non 
possiedono una struttura organizzativa tale da operare con la snellezza e la 
velocità richieste da un mercato fortemente dinamico quale è quello delle 
opzioni.

Ma riuscite a immaginare una fila di un quarto d'ora (se vi va bene) in attesa 
del vostro turno, per un'opzione sull'indice, mentre l'impiegato è impegnato 
con una vecchietta che vuole sottoscrivere 10 milioni di BOT? E intanto 
l'indice cambia, cambia, cambia... Eppure quella vecchietta ha lo stesso 
diritto vostro.

Forse potete telefonare! Ma l'impiegato vi prega di attendere un attimino 
perché è impegnato con un altro cliente. Allora, siccome l'attimo si 
prolunga, prendete la metropolitana, andate presso l' impiegato ancora 
impegnato col cliente, la cornetta ancora sulla scrivania... 

E poi, ammesso che facciate l'operazione, dopo quanto tempo le banche sono 
in grado di darvi l'eseguito? E se, in attesa, l' indice o il titolo cambia 
quotazione, è fondamentale la possibilità di cambiare il limite fissato per 
l'acquisto dell'opzione altrimenti rischiate di strapagarla con la conseguenza 
che tale eccesso si andrebbe a sommare alle perdite già preventivate (spread 
e commissioni); ma se vivete nell'incertezza per non avere ancora avuto 
l'eseguito come fate? Inoltre, si sa, le banche non sono solitamente ben 
disposte nei confronti di chi vuole cambiare il prezzo dell'ordine. E se, 
infine, voleste sfruttare un attimo che ritenete di particolare convenienza?

Ce l'ho con le banche? Niente affatto, ma non credo che abbiano la struttura 
organizzativa e la mentalità necessaria per consentire di operare con 
efficienza sui derivati.

Non restano che le SIM, di solito più efficienti in questo particolare settore.

Altra questione: quanto bisogna versare?

Chiariamo subito e categoricamente, visto che qualche volta si sente dire il 
contrario, che non occorre versare alcun margine (qualcosa come la 
cauzione) per acquistare le opzioni. Se ne paga il prezzo e la partita è 
chiusa. Il rischio massimo, per l'acquirente, è la perdita del premio, perciò 
una volta pagato quello non c'è motivo di versare ulteriori margini.

Le banche, spesso, rifiutano l'operazione. Non potrebbero. L'acquisto di 
opzioni non è una operazione creditizia, quindi discrezionale, ma un servizio 
remunerato con una commissione. E' come se entraste alle poste e 
l'impiegato si rifiutasse di inoltrare la vostra raccomandata. Semplicemente 
non può farlo.

Certo, mettersi a litigare con una banca mal disposta nei vostri confronti 
creerebbe in seguito qualche problema...

E torniamo alle SIM. E qui mi fermo perché ogni SIM ha le sue regole 
sull'entità del conto iniziale da aprire: entità del conto, ripeto, e non margini. 

Se però chiarite bene che intendete SOLO acquistare opzioni, può darsi che 
non richiedano somme eccessive per il versamento iniziale.

Uno dei miei fratelli, l'altra sera, mi ha chiesto di acquistare un'opzione per 
suo conto. La spiegazione del perché si rivolgeva a me era molto semplice: 
sapeva, in teoria, di cosa stava parlando ma non sapeva come fare e cosa 
chiedere.

Poiché credo che il "problema" sia piuttosto ricorrente, simuliamo un paio di 
telefonate.


IO: Vorrei acquistare una call Fiat per aprile; sono un po' indeciso sulla 
base, può darmi qualche quotazione sulle basi più vicine?
SIM: 7500, denaro 280, lettera 330; 7600, denaro 240, lettera 300,...
IO: Si, prenderei la 7600, ma 300 lire mi sembra un po' caro; miglioriamo 
un po' il denaro (alziamo, cioè, il denaro corrente), mettiamoci a 260.
SIM: D'accordo.

Oppure

IO: Vorrei acquistare una put sull'indice per aprile con base lontana, 
diciamo 32.000 o 32.500, può darmi le quotazioni?

Dopo un po' la SIM chiama e dà l'eseguito.

Se passa del tempo e la Fiat comincia a salire (esempio della prima 
telefonata) è probabile che il nostro ordine resterà ineseguito; se intendiamo 
comunque effettuare l'acquisto è opportuno che richiamiamo la SIM, ci 
facciamo dire le nuove quotazioni dell'opzione e accettiamo la lettera del 
momento o modifichiamo il nostro denaro.

Al momento della vendita dell'opzione:

IO: vorrei vendere la mia call strike 7600 scadenza aprile. Può dirmi le 
quotazioni?

SIM: 7600 aprile denaro 400, lettera 480.

IO: Beh, vorrei venderla, non svenderla. 400 lire mi sembrano un po' poche, 
chiediamo 460 (migliorando così la lettera corrente).

Oppure

IO: OK. La dia per 400.

Semplice no? Cosa vi credevate?


BIBLIOGRAFIA:



1) McMillan - Options as a strategic investment- N.Y. INSTITUTE OF  FINANCE

La bibbia delle opzioni: chiaro, semplice, completo.


2) John Hull - Introduzione ai mercati dei futures e delle opzioni - Il Sole 24  Ore libri

Alterna fasi espositive molto chiare a complicate (per chi non ha  dimestichezza) formule.

Si legge bene anche se non si seguono le formule.



3) Articoli vari su Stocks & Commodities