Anticipare o assecondare il mercato?
a cura di Natale Lanza
Una delle questioni che si sentono porre spesso tra gli operatori di Borsa è 
quella relativa al timing dell'intervento: alcuni sostengono che è meglio 
anticipare il mercato, altri che è meglio attendere chiari segnali prima di 
assecondarlo.

Il problema, così come è stato enunciato, e come ricorre effettivamente 
nella realtà, è mal posto e si presta a una serie di equivoci.

Anzitutto la visione stessa della questione, prima ancora che delle 
soluzioni, appare abbastanza confusa.

Molti, infatti, tendono a identificare l'atteggiamento di chi si sente 
propenso a seguire i segnali con quello di un trend follower, e 
l'atteggiamento di chi tende ad anticipare il mercato con quello di chi 
opera controtendenza.

Spesso, in fase di forte rialzo, ricorrono affermazioni del tipo "il mercato è 
salito troppo, deve stornare; mi posiziono al ribasso". Eccolo l'equivoco: 
si identifica l'anticipazione di un movimento con il posizionamento 
controtendenza.

Similmente, l'intervento successivo alla manifestazione di un segnale 
tecnico porta erroneamente ad identificare l'atteggiamento di chi 
asseconda il mercato con quello di chi segue (e insegue) le tendenze.

L'errore è macroscopico e, portando ad una visione distorta delle 
dinamiche operative, non resta senza conseguenze.
Intanto, anticipare il mercato vuol dire semplicemente anticiparne i 
movimenti prima che essi ne presentino i sintomi; non esiste, quindi, 
alcuna identificazione con l'atteggiamento controtendenza, in quanto si 
può anticipare anche un proseguimento della tendenza in corso, con 
l'assunzione di posizioni operative coerenti, solo perché lo si prevede e 
non perché esistano degli elementi oggettivi scaturenti da una attenta 
analisi.

Allo stesso modo, assecondare un mercato non significa necessariamente 
intervenire solo nelle fasi di tendenza definita, ma significa assumere delle 
posizioni, anche controtendenza, dopo, e non prima, che si siano 
manifestati dei segnali tecnici ritenuti indicativi di futuri sviluppi.

Chiarita questa distinzione, si pone un'altra questione: la previsione. Non 
è vero, come alcuni sostengono, che un intervento operativo è sempre 
fondato su una previsione. La verità è che tale intervento è realmente 
fondato su una previsione solo se non ci sono segnali che lo sostengono 
(anticipazione del mercato in senso proprio), altrimenti c'è una aspettativa 
che i segnali rilevati continuino a persistere.

Faccio qualche esempio a chiarimento.

1° esempio

Il mercato sale di un bel po' e io assumo una posizione al ribasso perché 
ritengo, soggettivamente, che debba correggere; in sostanza, faccio una 
previsione: prevedo che ci sarà un ripiegamento basandomi sull'opinione 
che il rialzo non potrà proseguire; non c'è nulla che giustifichi tale 
opinione se non la "palla di vetro" mentale. Ma ecco quello che succede in 
realtà: il mercato sale di un altro 3% e io mi convinco sempre più che, 
prima o poi, dovrà flettere; il mercato scende del 3-4% in un paio di sedute 
e io mi convinco di essere un mago; il mercato si riprende di un 2% e io 
non so più che fare. Chi non si è mai trovato in questa situazione scagli la 
prima pietra! Morale? La previsione non richiede solo che vengano 
correttamente anticipati i movimenti futuri, ma esige un timing 
notevolmente più tempestivo di quello richiesto a chi opera sui segnali già 
emersi.

2° esempio

Intervengo al ribasso in presenza di un mercato che, oscillando con 
movimento laterale, tocca la parallela superiore di un canale orizzontale in 
presenza di segnali di ipercomprato; non faccio, quindi, alcuna previsione, 
ma "confido" solo nella continuazione del movimento laterale; e, poiché i 
punti di persistenza di direzione (intesa come insieme di oscillazioni a 
cavallo di una retta orientata obbliquamente verso l'alto, obbliquamente 
verso il basso, o lateralmente) sono tanti, mentre quello di cambiamento è 
uno solo, le probabilità giocano a mio favore (trend is your friend, 
intendendo per trend qualsiasi movimento, anche laterale). Anche in 
questo caso il timing gioca un ruolo importante, anche se meno essenziale 
dell'esempio precedente, ma ne parliamo più sotto.


In sintesi, le questioni prospettate si ripercuotono pesantemente sulle 
probabilità di successo del trader. 

Un atteggiamento "realmente" previsivo è inesorabilmente destinato al 
fallimento; può anche andare bene occasionalmente, ma all'uomo non è 
data la facoltà di prevedere.

Al contrario, un atteggiamento di sfruttamento dei segnali già emersi, 
quindi a posteriori, presenta maggiori probabilità di successo per il 
principio della persistenza dei movimenti: normalmente, e l'osservazione 
di qualunque grafico lo conferma, un movimento, sia esso tendenziale o 
laterale, presenta una durata nel tempo: l'assunzione di una posizione 
coerente con tale movimento è destinata all'insuccesso solo ed 
esclusivamente nel caso in cui essa avvenga nella fase finale... e se noi 
interveniamo solo e sempre nelle fasi finali, allora è meglio che ci 
asteniamo dal fare trading.

Il movimento può essere riscontrato sui valori mensili, settimanali, 
giornalieri, infragiornalieri, ma questo rileva solo ai fini dei sistemi 
operativi del trader.

Un'ultima precisazione, a questo punto, è necessaria: la tempestività 
dell'intervento; quando bisogna  intervenire rispetto al momento della 
rilevazione di un segnale operativo? Attendere successive conferme può 
condurre a ritardi dannosi; agire immediatamente può significare 
l'adesione a falsi segnali.

La soluzione è molto semplice, anche se spesso difficile da accettare:  i 
segnali vanno rispettati senza esitazioni non potendo sapere, a priori, quali 
si dimostreranno giusti e quali sbagliati. Poi, nel caso di un errato ingresso 
nel mercato, un predefinito criterio di uscita dalle posizioni perdenti (stop 
loss) permetterà di limitare i danni. Invece, nel caso di uscita prematura da 
posizione vincente potrebbe risultare possibile, in alcuni casi, rientrare a 
condizioni non eccessivamente svantaggiose o addirittura vantaggiose, 
ma, se così non dovesse essere, ci si potrà sempre consolare col detto 
"vendi, guadagna e pentiti"...  e, badate bene, in questo caso stiamo 
parlando di guadagno e non di perdita.